di Cristina Cherchi, Pedagogista Clinica
Durante i nove mesi di gravidanza ogni mamma porta con sé il proprio figlio nell’ambiente caldo e protettivo dell’utero al cui interno avvengono importanti scambi non solamente di natura biologica ma anche psico-affettivi. Il feto vive in totale dipendenza dalla madre, riceve il nutrimento necessario alla sua sopravvivenza, vive con lei emozioni e stati d’animo, sente il ritmo dei suoi battiti cardiaci, in un ambiente che lo avvolge e lo contiene. Una volta nato il bambino ha bisogno di ritrovare, anche all’esterno, l’ambiente sensoriale ed affettivo con il quale per nove mesi ha vissuto nel grembo materno. Egli ha dunque necessità di contatto fisico, di essere avvolto in un abbraccio al contempo dolce e rassicurante; comprendere e soddisfare questo bisogno significa infondere quella sicurezza che è alla base di un buon sviluppo individuale.
Nell’allattamento al seno, questa necessità è pienamente soddisfatta: il contatto fisico del bambino con la mamma è di grandissima intensità ed accompagnato da sensazioni olfattive, di morbidezza e calore; egli si rilassa ed il suo respiro si fa più regolare. Anche la madre riceve stimolazioni sensoriali piacevoli, avverte un’intensa sensazione di benessere, si sente gratificata e realizzata. L’atto del nutrire si carica in questo modo di un forte significato sia per il bambino che per la mamma. Capita frequentemente di osservare che durante questo intimo momento tra madre e figlio, il neonato fissi a lungo il volto della madre; l’atto che la madre compie ricambiando lo sguardo infonde quel bisogno di sicurezza, di sentirsi confermato nella propria esistenza che ogni neonato chiede.
Sebbene abbia questa valenza così significativa nel rapporto madre-figlio, non si deve dimenticare che in alcuni casi l’allattamento al seno non è possibile e si deve ricorrere al biberon; come vivere dunque l’allattamento artificiale in maniera soddisfacente ed appagante sia per la mamma che per il bimbo? A questo proposito faccio riferimento alla teoria dell’adattamento dello psicanalista britannico John Bowlby. Egli aveva osservato gli effetti negativi sullo sviluppo infantile della mancanza di protezione e cura, in particolare in seguito a separazioni e perdite particolarmente traumatiche, quali quelle subite dai bambini ospedalizzati e orfani di guerra. In seguito a queste osservazioni, Bowlby sviluppò l’ipotesi secondo la quale il bambino si attaccherebbe alla madre in prima istanza per soddisfare un bisogno primario di vicinanza e protezione, condizione basilare per avviare l’esplorazione del mondo fisico e sociale. Bolwby porta dunque l’attenzione sull’importanza fondamentale delle cure materne nella prima infanzia ritenendo necessario che si instauri una relazione continuativa, intima e amorevole, nella quale madre e figlio provino soddisfazione e gioia e grazie alla quale il bambino possa vedere nella propria madre una ‘base sicura’.
All’inizio della vita l’essere nutriti equivale all’essere amati e il bisogno biologico legato all’alimentazione, dunque, è presente insieme a un altro bisogno, anch’esso fondamentale, quello di essere amati, nutriti d’amore, di essere desiderati ed accettati per quello che si è.
Se una donna deve allattare artificialmente il proprio figlio è dunque importante che sia mantenuto il forte valore simbolico che ha l’atto del dare nutrimento. Il momento dell’allattamento al biberon non deve dunque esser vissuto come un semplice dovere nutrizionale ma come un momento di intima relazione affettiva col proprio figlio. È necessario scegliere un ambiente tranquillo, non rumoroso, dove la relazione mamma-bimbo possa esser vissuta senza distrazioni ed interruzioni, è altresì fondamentale disporre di un ampio periodo di tempo per poter nutrire il proprio bambino senza fretta.
Il neonato ha bisogno di trovare sostegno, amore e sicurezza emotiva e la mamma, attraverso l’atto del nutrire, è chiamata a fornirgliela, sia grazie all’allattamento al seno che mediante quello artificiale; queste prime esperienze nutritive circondate da amore, favoriscono la creazione di un profondo legame, basilare per lo sviluppo di sé e di tutti i rapporti futuri.
John Bowlby, Una base sicura. Applicazioni cliniche della teoria dell’attaccamento, Cortina Raffaello Editore
John Bowlby, Attaccamento e perdita, Bollati Boringhieri